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venerdì 20 luglio 2007

Buco dell'ozono

Nel 1985 un gruppo di scienziati ha pubblicato i risultati di una serie di misurazioni, effettuate su scala ventennale, sull'atmosfera che sovrasta l'Antartide.
Gli studi erano basati essenzialmente sulla valutazione dello strato di ozono stratosferico, cioè di quella parte dell'atmosfera terrestre in cui si rileva la massima concentrazione di questo gas (ozonosfera), che rappresenta una parte della stratosfera, da circa 15 a 50 km di altezza.

La quantità di ozono presente è in realtà molto piccola, tanto che portata a livello del suolo, ad una pressione maggiore rispetto a quella stratosferica, lo strato si ridurrebbe ad uno spessore massimo di qualche centimetro.
Eppure ha un'importanza fondamentale per il mantenimento della vita sulla terra, poiché assorbe una parte delle radiazioni UV provenienti dal sole, che sarebbero altrimenti dannose per il DNA, fino ad indurre mutazioni pericolose, bloccare o ridurre il processo fotosintetico, causare diminuzione dei raccolti, fino a giungere ad uno scompenso degli ecosistemi oceanici.

I dati dello studio citato mostravano che la quantità di ozono stratosferico si riduceva in maniera drastica all'inizio della primavera antartica per tornare ai livelli consueti nel giro di circa trenta giorni.

Venne inoltre notato che il fenomeno si andava aggravando, sia in riferimento allo spessore dello strato sia della dinamica di recupero, nel senso che il ripristino delle condizioni di normalità richiedeva tempi sempre più lunghi.
La comunità scientifica si è divisa sulle cause del fenomeno: alcuni ritengono che il fenomeno sia naturale, legato a condizioni meteo particolari, tipiche delle zone polari, altri invece (e sono per la verità un numero molto consistente), ritengono che il buco dell'ozono sia di origine umana, causato da sostanze inquinanti immesse dall'uomo in atmosfera, come gli ossidi di azoto e i clorofluorocarburi (CFC).

Questi composti presentano caratteristiche chimiche tali da interagire con la molecola di ozono (O 3), “degradandola “ ad ossigeno molecolare, non più in grado di schermare le radiazioni UV.

(Fonte: Dizionario per l'Educazione Ambientale - 100 parole per l'Ambiente)



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